“Il reato di clandestinità è contrario alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo”



Angela Burlando, ex vice questore di Genova e attualmente candidata per le regionali nelle liste di Sinistra e Libertà, ragiona di una tematica calda, attuale e abusatissima: la sicurezza.

Degrado, videosorveglianza, telefoni intelligenti, mappe interattive del crimine, immigrazione e diritti, alpini, anarchici, avvisi orali e impunità delle forze dell’ordine.
Un punto di vista sulla realtà.

Decoro, degrado e sicurezza.

Questo mettere sullo stesso piano ambiti differenti della vita collettiva che conseguenze può portare in termini di sviluppo del controllo sociale?

Spesso si parla di sicurezza, confondendola con la vivibilità. Decoro, anzi, mancanza di decoro e degrado sono, a mio parere più un presupposto che non una componente dell’insicurezza.
La città, comunque presenta una criminalità diffusa caratterizzata da reati contro il patrimonio, soprattutto furti in appartamento e scippi oltre che truffe agli anziani. La criminalità organizzata, al di là dei dichiarati convincimenti di alcuni responsabili, vi opera in modo piuttosto sotterraneo e appare meno rispetto ad altre città anche se ne costituisce una realtà effettiva.
Confondere decoro, sicurezza e degrado porta ad interpretare in maniera inidonea le vere problematiche, a creare allarme tra i cittadini, adesso come non mai, estremamente sensibili al problema anche a causa della strumentalizzazione politica dell’insicurezza.


Quali sono gli eventuali punti critici da sottolineare?

Genova, come gran parte della Liguria ha una popolazione costituita in prevalenza di anziani e ciò comporta uno stile di vita meno aperto ad esperienze diverse da quelle di routine, un modo di vivere basato soprattutto su rapporti che si svolgono all’interno delle famiglie e di club privati in cui le conoscenze offrono ben poco alla novità e, di conseguenza, al rischio.
Secondo la sua esperienza in che situazione si trova Genova a livello sicurezza?
Direi che Genova pur, con le sue criticità, si distingue da altre città, in particolare da quelle che hanno un porto, per una situazione che, anche se non ottimale, tuttavia si può considerare non eccessivamente allarmante.

Immigrazione


Alla luce del recente sciopero degli immigrati che considerazioni possono essere fatte sul rapporto fra immigrazione e sicurezza?

Via Pré un giorno qualunque. Foto di Alessandra Daglio
Il legame con l’immigrato è forte e molti sono stati genovesi che hanno manifestato a favore del 1° marzo. Ciò non significa che nella nostra città non vengano troppo spesso lesi i diritti di chi accetta comunque di lavorare svolgendo lavori umili pur possedendo cultura e titoli di studio come accade ad una percentuale altissima di stranieri. Il Museo dell’ immigrazione aperto di recente a Genova, città da cui si partiva per l’ America, rappresenta la presa di coscienza di un nostro passato analogo.

Il binomio “emigrazione-sicurezza” è stato esageratamente strumentalizzato per propaganda politica. La dichiarata mancanza di un centro in cui identificare gli stranieri privi di documenti personali, aumenta le difficoltà ad espellere coloro che delinquono e che peraltro non sono moltissimi. Spesso appare vano il lavoro di forze dell’ordine motivate che si dichiarano frustrate dall’impossibilità di soddisfare le richieste dei cittadini. Frequentemente viene allontanato dal nostro territorio il povero straniero che sperava in una possibilità di vita diversa e non l’ha trovata. Resta invece chi ha compiuto crimini e, grazie al diritto alla difesa, continua a compiere reati.


Considerando che nei CIE non finiscono solo gli immigrati irregolari, tout court, ma anche chi, perdendo il lavoro e non trovandolo dopo 6 mesi, perde la possibilità di rinnovare il permesso di soggiorno, lei pensa sia davvero necessario un centro tale in Liguria?

L’impostazione che si è data all’espulsione dal territorio di immigrati irregolari, sicuramente viola la dichiarazione dei diritti dell’uomo. E’ reale l’esigenza di allontanare chi delinque ma è ingiusto trattare come soggetti criminali quelle persone che hanno perso il lavoro e la cui identità è certa. I centri di identificazione, peraltro introdotti dalla sinistra, non garantiscono di fatto nè l’identificazione di chi è privo di documenti nè la soluzione del problema. Spesso sono solo parcheggio per chi lavora e rispetta la legge. Si devono trovare soluzioni alternative e potrebbe proprio essere Sinistra, ecologia e Libertà a proporre soluzioni che rispettino i diritti, anche sull’ esempio di altri paesi europei.


Lei manterrebbe o toglierebbe il reato di clandestinità?

Lo considero contro i principi costitutivi della dichiarazione dei diritti dell’Uomo, non lo manterrei e non lo avrei mai sottoscritto.

Non pensa che questo reato possa in realtà costituire uno strumento addizionale per il proliferare dell’economia sommersa?

Potrebbe essere perché il lavoro nero fa comodo a molti. D’altronde per chi deve sopravvivere è preferibile lavorare anche se mal pagato piuttosto che delinquere. Anche se la linea è molto sottile. Il problema si porrà nel futuro prossimo, in quanto se la prima generazione di immigrati è disposta ad affrontare qualunque sacrificio, la seconda generazione, osservando l’umiliazione e la sofferenza dei genitori, si riempie di odio, rifiuto e ribellione. Questi figli non sono più figli di nessuno, né del loro paese d’origine né di quello che li ospita, non hanno un’identità ed è proprio su questo terreno si genera la rabbia.

Tecnologia e sicurezza

Nella città di Genova sono presenti più di 5 mila telecamere. Lo sviluppo della videosorveglianza conduce effettivamente ad una diminuzione dei reati?

Sarò sincera, mi sembrano un po’ troppe. Il mezzo tecnico non sostituisce l’ uomo ma lo supporta. Si continua a non potenziare le forze di polizia, a non curarne la professionalità ad ignorare le giuste richieste di sindacati consapevoli ed avviliti. La telecamera spesso serve solo per identificare l’autore di un reato, non per prevenirlo. E’ anche un deterrente, ma non sempre. La telecamera, per funzionare, a parte una manutenzione costosa, a volta trascurata per mancanza di mezzi, ha bisogno di uomini in sede per controllarla costantemente e sul territorio per intervenire. E’ difficile per la carenza di personale.


Recentemente l’assessore Scidone ha presentato un nuovo progetto che diventerà presumibilmente attivo a settembre 2010: una mappa della città in grado di evidenziare, con il contributo della cittadinanza, le aree a rischio in tempo reale. Può essere utile un tale progetto? O può essere controproducente affidare all’opinione di una cittadinanza insicura il contributo a questo progetto?


Il fascino della tecnica è entusiasmante e le speranze hanno diritto di esistenza. La partecipazione dei cittadini alle politiche della sicurezza è un punto forte, peraltro condiviso nell’ambito del Forum per la sicurezza urbana ( F.I.S.U.) e del Forum europeo per la sicurezza ( F.E.S.U.). Tale partecipazione tuttavia deve essere organizzata con intelligenza e prudenza. Il cittadino, ma anche il politico, non sempre è così preparato ad affrontare problematiche complesse come quelle della sicurezza.

Francesco Scidone assessore alla Città Sicura.

Quella di Scidone è sicuramente un’ idea valida la cui realizzazione sarà valutata nel Comitato Provinciale per la Sicurezza presieduto dal Prefetto. Mi spiace dire che, in questi ultimi tempi ed in detto ambito appare meno importante la figura del Questore, organo tecnico e non burocratico.

Un altro progetto dell’assessorato Città sicura è il telefonino intelligente che fornisce informazioni culturali e che potrebbe spiegare ai turisti quali strade prendere e quali no. Non c’è il pericolo in questo caso di lasciare sempre più isolate aree del centro storico che già adesso sono lasciate a se stesse?

Condivido le sue preoccupazioni. Il telefonino può sicuramente aiutare i turisti e non solo loro, ma non può certo sostituire un necessario e rassicurante controllo del territorio da parte di forze dell’ordine in divisa e, soprattutto, in borghese. Sulle politiche del Centro Storico si potrebbero spendere iniziative anche diverse ma, e qui ha ragione Scidone, condivise dai cittadini, vere sentinelle del territorio.


Alpini, anarchici e avvisi orali.

Come valuta l’impatto della presenza degli alpini per l’operazione “ Strade sicure“?

Che dire? Ho simpatia per gli alpini ma la giusta dimensione del problema sicurezza non può essere affrontata con personale preparato professionalmente per altri compiti.

Alpini alla darsena

E’ così anche per le Guardie Giurate che appaiono in qualche proposta estemporanea. Quello della sicurezza è un settore complesso e difficile, aperto a soluzioni nuove e diverse. Da buona genovese come sono ritengo che il denaro speso per l’impiego degli stessi avrebbe potuto essere usato diversamente per le Forze dell’ Ordine ma, come ho già detto, i politici non sempre sono preparati su tutti gli argomenti. Con la presenza degli alpini, nulla di reale è cambiato se non l’aumento della simpatia verso un corpo già amato dai genovesi.

Una delle ultime disposizioni del ex questore Presenti prima della pensione è stata l’inoltro di avvisi orali a degli anarchici che contestavano gli alpini. Come valuta questo approccio alla contestazione politica?

Per valutare i fatti bisogna conoscerli completamente. Ed io li ignoro. L’avviso orale può essere sicuramente discusso dal punto di vista giuridico; nel caso specifico ritengo che esso sia stato applicato per una serie di comportamenti, non solo per la contestazione degli alpini. Ultimamente, sembra in atto un tentativo del Governo di attenuare il diritto a manifestare, salvo poi scendere in piazza per rivendicare la democrazia di fronte ad una giusta applicazione delle regole. Basta leggere la circolare Maroni sull’ordine pubblico per comprendere le reali intenzioni del Governo.

Impunità delle forze dell’ordine e gestione del G8

Molti cittadini associano inevitabilmente alla sfiducia nelle forze dell’ordine la constatazione della loro impunità in caso di commissione di reati. Come invertire questa tendenza?

Molti degli alti funzionari coinvolti in responsabilità anche gravi nella gestione del G8 hanno avuto rapidi avanzamenti di carriera e sono giunti a vertici importanti indipendentemente, anzi, anticipatamente rispetto alla conclusione del processo. Chi ha subito condanna è stato il poliziotto di qualifica inferiore rispetto al funzionario. Condivido le sue preoccupazioni: non avere distinto l’ errore dalla colpa per i fatti compiuti dal singolo ha portato l’ opinione pubblica alla sfiducia verso la Polizia di Stato e a non stimare neppure tutti quei lavoratori della P.d.S. che compiono con passione e rispetto della legge il loro difficile lavoro. Non a caso nel 2001, dopo il G8 il Consiglio d’ Europa ha redatto un codice etico per le forze di polizia europee. La legge deve essere applicata nel rispetto della legge. Questo dice il codice etico.
Come invertire l’ attuale tendenza?
Rispettandolo e migliorando la professionalità di lavoratori che svolgono compiti difficili che toccano la sfera del diritto e della libertà personale e magari seguendo la proposta annosa di mettere una placca col numero sulla divisa dell’agente in servizio.

Elezioni Regionali 28/29 marzo 2010



Dal 1965 al 1982 ha svolto attività nell’ambito della Polizia Femminile; del Centro Interprovinciale della CriminalPol ( 1982/1992 ) ed ha diretto il Commissariato di Polizia Foce-Sturla dal 1992 al 2002.

Laureata in Pedagogia; già Vice-Questore di Genova. Cavaliere al Merito nel 1992 e Cavaliere del Lavoro nel 2004. Socia onoraria dell' ANMIL. Socia onoraria dei Lions Club e Melvin Jones .

E’ stata una delle più convinte fautrici del sindacato di Polizia e della riforma della Polizia di Stato nei difficili anni ‘75/‘80 contrassegnati dal fenomeno del terrorismo. Membro della prima e seconda segreteria del SIULP.

Presso il Commissariato Foce-Sturla ha costituito la Squadra Antistupro che ha funzionato negli anni ’90, fino alla rifondazione dell’Ufficio Minori che era stato soppresso dalla riforma del 1981.

Ha prestato servizio in moltissime situazioni di Ordine Pubblico, quali manifestazioni, eventi sportivi e, infine, in occasione degli eventi del G8 del 2001.

La passione per una attività tanto difficile quanto importante, l’ha accompagnata in tutti gli anni trascorsi in Polizia. Dal rapporto con i cittadini sono nati i convincimenti che le appartengono tuttora.

La difesa dei diritti dei più deboli è sempre stato il suo obiettivo primario.

Candidatasi nel 2002 come indipendente nel gruppo dei DS è stata eletta (3° eletta) ed ha avuto dal Sindaco Pericu una Delega alla Sicurezza. Tale delega è stata peraltro parziale in quanto il Centro Storico ed i problemi ad esso connessi competevano esclusivamente a funzionari comunali che operavano nell’ambito del Progetto Urban2, mirato alla riqualificazione urbana.

Già Vice Segretario del Partito Socialista dal 2008; dal 2009 è attualmente Cosigliere Comunle con delega alla Sicurezza e Legalità nelle Scuole.

Ad oggi è candidata alle Elezioni Regionali del 28/29 marzo 2010 come componente socialista in Sinistra Ecologia e Libertà.

" Le ronde"?

I rappresentanti delle Forze dell’ Ordine protestano contro l’ultimo decreto per la sicurezza e chiedono di essere ascoltati dal governo, preoccupati per le conseguenze di tale normativa.
Il ministro Maroni definisce il modello di sicurezza cui si ispira “un sistema partecipato cui concorrono professionisti e volontari”
L e giuste proteste sono per lui “polemiche di persone ancorata a vecchi schemi e offuscate da pregiudizi”
Cosa significa nel concreto “ partecipazione”alle politiche per la sicurezza e chi sono i “professionisti” e i “volontari”?
Genova, città del “mugugnu, scende abitualmente in piazza per attirare l’attenzione su quei problemi che, pur affrontati in un sistema integrato, facente capo al Comitato Provinciale per la sicurezza presieduto dal Prefetto, non sembrano così risolvibili.
La partecipazione è dunque intesa spesso come protesta anche se in molte occasioni il cittadino, considerato dalle moderne teorie, ” primo vero custode del suo territorio”, ha fornito alle forze di polizia una concreta collaborazione.
Si verificano però anche fatti nuovi.
I giovani responsabili genovesi del partito del ministro, la cui appartenenza è ben riconoscibile, ”passeggiano” e “rassicurano” tutti anche grazie ad un cane senza museruola, non proprio da salotto. Essi segnalano alle forze dell’ ordine la presenza sul territorio di prostitute e spacciatori, fenomeni e situazioni indubbiamente nuovi per le stesse.
Le idee proliferano e così, in un mercato del centro, una manifestazione contro gli abusivi si riveste subito di simboli e sponsor. Una pettorina non si nega a nessuno e per fortuna arriva la reazione del Prefetto.
Saranno questi i “volontari” che rassicureranno i cittadini vittime di quella paura così ben inculcata in periodo elettorale che oggi si tenta di esorcizzare’?
O saranno le “squadre civiche” di ex poliziotti o carabinieri,cui andranno finanziamenti pubblici non reperiti per le Forze di Polizia, squadre rese meno inquietanti da qualche presenza femminile?
La vivibilità viene confusa con la sicurezza e questa con l’ ordine pubblico; alle giuste istanze dei cittadini si forniscono risposte improbabili ed anticostituzionali.
E col termine “professionisti” cosa intende il ministro?
La nostra politica, salvo rarissime e casuali eccezione, rispetta ben poco la professionalità delle Forze dell’ Ordine, cui nega da tempo le necessarie risorse; la figura del Questore dotato necessariamente di conoscenza specifica sulle politiche del territorio, appare sempre meno valorizzata.
I cittadini di buon senso devono porsi a fianco delle Forze di Polizia come ai tempi della Riforma per ragionare davvero sulla sicurezza.

Sulla moschea serviva e serve una discussione aperta.

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La tesi: Il luogo di culto doveva essere inserito in un progetto anche culturale. Sulla moschea serviva una discussione aperta.

La costruzione della moschea costituisce ancora un problema forse perché l’ Amministrazione comunale l’ha proposta senza una aperta discussione e tale carenza continua ad offrire spazi a politici più protesi ad esasperare la paura del diverso che ad attenuarne le tendenze estreme.
Se fosse stata inserita in un progetto, anche culturale, discusso ed approvato, la moschea , avrebbe potuto entrare a far parte di un insieme di provvedimenti capaci di soddisfare richieste dei cittadini, da troppo tempo disattese.

Come proposto da Ali Reza Naser, professore di Architettura bizantina ed islamica dell’ Università di Genova, una sala della moschea aperta a tutti avrebbe potuto anche contenere, in esposizione permanente,una serie di reperti di quella storia che ha visto la nostra città al centro della cultura mediterranea dal 1200 al 1600.
La manifestazione pro e contro- moschea , cui hanno aderito i cittadini, si é svolta su due fronti.
Quello favorevole, eterogeneo, variegato, convinto che tutte le religioni abbiano diritto al rispetto, si è unito ad un don Gallo scherzoso e consapevole del fatto che si può davvero essere “cittadini della città” secondo i criteri europei. In sottofondo la musica di De André.

Il secondo ha fatto capo a Rixi , giovane e scintillante segretario della Lega che in un recente scritto ha rifiutato l’ accusa di “ rozzezza culturale” attribuita al suo partito ed ha guidato la protesta con slogan che di culturale ben poco avevano.
Due considerazioni.
Non si può parlare di problema di sicurezza solo perché una moschea è anche luogo politico . Una eventuale pericolosità potrà dipendere da “ quali “ politiche vi si realizzeranno.
Credo comunque sia più facile il controllo di una unica struttura piuttosto che di tutti gli attuali improvvisati luoghi di preghiera.

In merito ai cosiddetti “ problemi di seconda e terza generazione” e cioè l’esplosione della rivolta dei giovani figli di immigrati, avvenuta nella “ banlieu” francese, se ne condivide talmente la preoccupazione da ritenere importante prevenirla.
L’esclusione crea ingiustizia e disagio; porta alla ribellione. L’ inclusione offre sollievo all’ inevitabile sofferenza di chi abbandona il suo paese nella speranza di una vita migliore.

I figli degli immigrati sono nostri figli, futuri cittadini di una città che ha sempre accolto il cosiddetto” foresto” tanto che nel 1500 vi si trovavano due moschee.
Il modo civile con cui gli interessati si propongono anche a chi non riconosce loro un diritto sancito dalla nostra Costituzione fa riflettere sull' essere diversi da chi non accetta la reciprocità.

Il poliziotto arrestato e il codice etico. tratto da " Il Secolo XIX " del 1° febbraio 2009

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Il dibattito: è essenziale la scelta dei dirigenti e di agenti idonei a ruoli delicati.

In occasione dell'arresto di un poliziotto genovese coinvolto nel traffico internazionale di stupefacenti, uno dei sindacati della polizia, esprime solidarietà ai colleghi ritenendo forse che il comportamento di uno possa incidere negativamente sull'opinione pubblica.

Il questore parla di "mele marce" ed afferma, con una punta di demagogia che, se il poliziotto ha sbagliato, deve pagare più degli altri.
Entrambi gli atteggiamenti appaiono pervasi di una giusta preoccupazione che coinvolge però in maniera diversa i primi ed il secondo.

Dopo i fatti del G8, con un doppio binario contrapposto Ministero-Magistratura per i presunti responsabili e con le relative sentenze che colpiscono più la base che i vertici, la polizia attraversa un momento delicato.

Non essendo state chiarite le responsabilità politiche dei fatti, i suoi vertici possono apparire gli unici tenuti a risponderne.
Fin troppo facile è diventare capro espiatorio perdendo stima e rispetto.
Per l'interesse generale è essenziale che la scelta di personale idoneo a svolgere compiti delicati e difficili che lo pongono a contatto con i cittadini di cui deve rispettare, rispettato, diritti e libertà.
Ugualmente importante è la scelta dei dirigenti.

Fa notizia la pubblicazione su "Repubblica"di messaggi transitati su "Doppia Vela", sito intelligentemente istituito dall'Amministrazione della Polizia di Stato che accoglie critiche, lamentele e segnalazioni di disservizi oltre a fornire utili informazioni ai poliziotti.
Valutazioni più o meno di parte, di fatti accaduti si mescolano qui ad espressioni che evidenziano malessere e stress, derivanti dal fatto che spesso gli agenti si sentono prigionieri di una politica basata sempre sullo scontro e frustrati dal non poter fornire le dovute risposte alle richieste dei cittadini.

"L'esistenza è battaglia e sosta in terra straniera"

"L'odio chiama odio"


"Siamo come scorpioni in bottiglia, soli con la nostra rabbia"

"L'Italia non è uno stivale ma un anfibio di celerino"

Sono alcune espressioni riportate sul sito.


Esse richiamano una contrapposizione tra manifestanti e forze dell'ordine fortemente voluta dalla politica in questi ultimi anni. Esiste il codice etico del Consiglio d'Europa per le polizie europee; esso risale, non a caso, al settembre 2001.

C'è da chiedersi quanti dirigenti lo abbiano approfondito e discusso con i propri uomini e quanti politici dei diversi schieramenti lo condividano e lo conoscano. Appare evidente che, di fronte a problematiche così particolari, ben poco possono giovare una cultura ed una impostazione di tipo militare.

La Polizia ha una professionalità specifica sulla violenza sessuale.




La strumentalizzazione per fini politici dei problemi inerenti la sicurezza non è un fatto nuovo e nelle ultime elezioni essa ha determinato la vittoria di chi prospettava la repressione come l’unico mezzo per migliorare la qualità della vita nelle città.

La sicurezza però non si realizza solo con la repressione ma costituisce il prodotto finale di tutta una serie di interventi basati sulla collaborazione tra le varie istituzioni e tra istituzioni e cittadini. E’ un fenomeno traversale alla cui realizzazione contribuiscono fattori diversi e talvolta imprevedibili.

La carta europea, cui il Comune di Genova ha aderito nel 2002, include la sicurezza tra i diritti fondamentali dei cittadini delle città cioè di tutti coloro che nella città appunto vivono.

In ambito europeo si fa distinzione tra i problemi derivati dal crimine e quelli che dipendono invece dalla paura del crimine. In parole più semplici si distingue la sicurezza reale da quella percepita e si propongono interventi di tipo diverso per le differenti problematiche che ne derivano.

Una situazione abbastanza difficile come quella che viviamo attualmente non può essere risolta con provvedimenti demagogici o improvvisazioni casuali ma deve essere affrontata con intelligenza nell’ambito di un sistema integrato di cui fanno parte istituzioni e cittadini e nel quale ciascun componente è tenuto a fornire positivi e condivisi contributi.

Genova tale sistema lo ha creato già da tempo e, in linea di massima, esso funziona. In una società complessa come la nostra, tuttavia, le soste non sono permesse. Si deve continuare a cercare risposte alle problematiche confrontandosi a livello europeo e non solo, studiando soluzioni concordate per tutti quei problemi che caratterizzano il nostro mondo in continua
evoluzione.

Sulla violenza sessuale, argomento dominante di questi ultimi giorni, esprimo il convincimento che siano assolutamente condivisibili le proposte che il Dr. Michele Marchesiello formula nell’articolo del 28 gennaio, sul Secolo XIX.

I movimenti femminili hanno da tempo interrotto quella lotta serrata a difesa dei diritti della donna che aveva caratterizzato i decenni precedenti. Bisogna perciò ripartire dal punto in cui si è lasciato senza nulla sognare su presunte pari opportunità, diventate più un mezzo di avanzamento di carriera per qualcuna che non un democratico sistema di garanzia.

L’ espressione usata da Berlusconi a proposito della impossibilità di impiegare un soldato per ogni “bella” donna, suona come una fedele fotografia della nostra attuale società in cui la donna subisce violenze di cui parla, con colpevole disinvoltura, proprio chi dovrebbe contribuire ad eliminarle. Non sa, il nostro capo del Governo che la violenza tocca le donne di qualsiasi età e condizione.

Mi meraviglia che le donne continuino ancora a votarlo. Alla violenza si aggiunge il fatto che cinquant’ anni di ottimo lavoro delle donne nella Polizia di Stato vengono completamente ignorati.

La donna poliziotto non si vede riconosciuti i dovuti meriti ed è più facile avviare uno studio su violenza e stalking, come si trattasse di fatto nuovo, piuttosto che prendere atto di una esperienza pregressa cui attribuire il giusto valore. E’ da chiedersi se é davvero così difficile per il mondo maschile, riconoscere i meriti delle donne che hanno maturato esperienze specifiche diverse da quelle abituali?

Dico questo perché sono convinta che una specificità sui reati di violenza appartenga, al momento, solo alla Polizia di Stato. Nel decidere, ad esempio in sede di Comitato provinciale per la sicurezza, quali interventi attuare sul territorio o in altri ambiti, forse varrebbe la pena di non considerare solo insostituibile la presenza dei responsabili gerarchici dei vari corpi di polizia ma anche quella di funzionarie o ispettrici che, per l’esperienza maturata in settori specifici quali,ad
esempio, la Squadra Mobile, siano in grado di fornire utili contributi.

La presenza della donna in Polizia deve essere valorizzata e l’esperienza pregressa tenuta nella giusta considerazione. Per ora mi pare di dover dire che l’esercito potrà essere forse impiegato in
ore diurne e notturne, in zone periferiche abbandonate e deserte ma ciò che è indispensabile è un’attività di prevenzione e l’acquisizione generazionale di un rispetto di genere da crearsi giornalmente col contributo di tutte le istituzioni , famiglia e scuola comprese.

G8 2001: senteza fatti Scuola Diaz

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La sentenza del processo per i fatti della Diaz lascia tracce dolorose e delude molti, quasi che lo Stato abbia assolto se stesso. Le persone condannate sono soprattutto agenti. Sono stati infatti assolti gli alti dirigenti, allora responsabili che sono pervenuti al vertice della Polizia, nonostante il processo in corso, quasi un apparente braccio di ferro tra Magistratura e Ministero degli Interni.

I tempi della prescrizione sono ormai prossimi, con buona pace di un futuro accertamento di responsabilità. I cittadini hanno bisogno della Polizia e ad essa serve la loro stima. “Rimanere uniti” è sembrato giusto.

Il G8, che ho vissuto in servizio, è stato innanzi tutto un grande caos in cui la mancanza di coordinamento e la differente organizzazione delle forze di polizia hanno giocato un ruolo determinante.

Quanto avvenuto alla Diaz però sembra appartenere esclusivamente alla Polizia di Stato, non alla politica. Poco si può qui attribuire al caso ed alla confusione.

Esiste un linguaggio dei fatti ed in tal senso la Diaz è apparsa quasi un avvertimento eloquente per il futuro. Il malessere che deriva dal G8 non è attenuato dalla condanna di alcuni agenti “intemperanti” e del loro capo che personalmente ricordo come persona capace di dirigere al meglio i suoi uomini, inquadrati.

Inutile soffermarsi sui diversi momenti del processo; le responsabilità sonopersonali e si condanna solo se esistono prove reali. Da tutto ciò che è accaduto , oltre al dolore fisico e morale di chi ha subito, deriva un profondo senso di fallimento che non crea stima per la nostra democrazia da parte di altri paesi e lascia sgomento ed incertezza in noi.

Genova ha vissuto due avvenimenti simili, tra loro lontani, quello degli anni 60 e quello del 2001 che hanno creato rapporti difficili tra polizia e cittadini. Dal primo si è usciti grazie alla costante applicazione in ordine pubblico di principi democratici che hanno determinato una riforma della Polizia fortemente voluta da tutto il personale.

La Legge 121 del 1° maggio 1981, tuttora in vigore, ha auspicato una Polizia al servizio dei cittadini e per affermare tale principio, lavoratori e poliziotti avevano lottato lungamente durante gli anni del terrorismo.

Il G8 non può avere cancellato speranze e convinzioni. I poliziotti non amano la violenza. Occorre ripartire dalla legge di riforma e pretendere dai Governi che tutte le Forze di Polizia vengano impiegate secondo il codice etico europeo che, non a caso è stato redatto nel settembre del 2001.

Riforma Gelmini: manifestazioni e scontri in Piazza Navona

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Le manifestazioni che coinvolgono genitori, studenti e professori insoddisfatti dei tagli e dei futuri interventi decisi dal Governo nei confronti della scuola, si stanno svolgendo in maniera un po’ diversa dal solito evidenziando una fantasia tipicamente italiana. Il presidente del Consiglio ha avanzato chi
are minacce, poi sdrammatizzate e riproposte, uguali nel contenuto seppure diverse nella forma; i manifestanti invece inventano modi di protestare simpatici o spiritosi o anche discutibili come quelli che, poco educativamente,coinvolgono i bambini.

L’espressione più frequente è quella della lezione in piazza che permette ai manifestanti di informare direttamente i cittadini con una partecipazione diretta, senza trascurare studio e lezioni.

Rappresentare simbolicamente e goliardicamente in mutande una prevedibile futura situazione dell’università stupisce ma non scandalizza. Conformemente al Festival della Scienza, molti studenti di architettura genovesi hanno inventato il “ Festival della cultura “ e si sono foto segnalati su sito internet, “mettendoci la faccia”.

Nella contrapposizione politica creatasi, i linguaggi usati sono due: quello della parola, inusuale , duro e insolito di un neo ministro evidentemente incapace di confrontarsi o impossibilitato a farlo e quello dei fatti, nuovo e diverso che appartiene a manifestanti di settori differenti.

Genova, città seria, ritrova il suo humor ma continua la protesta nel convincimento che un dialogo sia doveroso anche con un governo che avendo stravinto le elezioni pensa di poter restare fermo alla vittoria elettorale negando al popolo elettore il diritto di essere ascoltato anche dopo le elezioni, non solo prima.

I dati forniti dai partecipanti allo sciopero di ieri nella nostra città si differenziano troppo da quelli della Questura. La Polizia di Stato ha sempre indicato con cifre conformi alla realtà le
situazioni di ordine pubblico ma forse il G8 ne ha cambiato in parte il metodo.

I fatti accaduti in Piazza Navona, a Roma, inducono a ritenere come lungo tutto l’arco di una protesta nazionale largamente condivisa, sia stato costantemente presente il sottile filone di una repressione duramente annunciata e mai abbandonata. La politica non può comunque prescindere dal confronto di idee. Nella maggioranza esistono persone liberali, capaci di vivere al meglio la democrazia.

Sarebbe auspicabile che cominciassero a prendere atto delle opinioni di coloro che li hanno
delegati a rappresentarli.

La Polizia al servizio del cittadino

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In merito all’ occupazione delle Università Berlusconi si è espresso dapprima in termini durissimi; poi si è smentito, usando toni per lui inusuali; infine ha definito “ facinorosi “ coloro che manifestavano in piazza.

Questi atteggiamenti contrastanti sono stati interpretati da tutti, in bene ed in male, nell’ ottica di quelle specifiche caratteristica di comunicatore che concordemente gli si riconoscono.

Ci auguriamo comunque che l’impiego delle Forze dell’ Ordine contro i manifestanti, non ci sia mai, anche perché precise prerogative appartengono al Ministro dell’Interno ed al Capo della Polizia.

Ciò non toglie che creino preoccupazione e disagio il modo in cui lo stesso si è espresso e lo stile, chiamiamolo pure così, con cui sembra interpretare il ruolo delle Forze di Polizia.

Sarebbe davvero un fatto grave un intervento contro studenti, professori e genitori che democraticamente e in massa manifestano il proprio dissenso nei riguardi di un decreto che decide risposte semplificate a problemi complessi.

Tra le Forze dell’Ordine esiste da tempo una notevole scontentezza non perché esse siano costituite da fannulloni , come asserisce il Ministro Brunetta, ma perché, come più volte denunciato dai Sindacati delle Polizia di Stato, esse non sono poste in condizione di soddisfare le motivate aspettative dei cittadini.

I loro compiti sono stati spesso sottovalutati o confusi con quelli ben diversi dei militari e sono loro attribuite inefficienze di cui non sono responsabili ma che derivano da carenze strutturali e dalla mancanza di uomini e mezzi o, peggio, dal cattivo impiego e distribuzione degli stessi.

Scuola e sicurezza, i due settori più colpiti dai tagli governativi, paradossalmente verrebbero a trovarsi contrapposti, su di un terreno reso sensibile che potrebbe diventare di scontro.

La legge di riforma della Polizia di Stato, tuttora in vigore, è nata dalla volontà dei poliziotti e dei cittadini che hanno creduto possibile un rapporto costruttivo; i suoi valori non possono essere stati annullati da quel dannato tsunami che è il G8.

La situazione non può quindi essere affrontata secondo criteri di repressione e, da parte di tutti, Istituzioni e Partiti compresi, è necessario il convincimento che le Forze di Polizia abbiano un unico ”padrone“ : la legge e, in particolare, la Costituzione. Da parte del Governo sarà comunque più semplice ed intelligente ritirare il decreto relativo alla scuola e cercare insieme a chi vive i problemi scolastici quel denominatore comune che potrà almeno in parte conciliare necessità ed aspettative.